"Le società
di servizi energetici dovrebbero infatti svolgere un ruolo centrale
nell’attuazione dei programmi di miglioramento dell’efficienza energetica negli
usi finali, sia nelle intenzioni del Legislatore comunitario (Direttiva
2006/32/CE), sia in quelle nostrane (D.M. 20 luglio 2004).
le
dimensioni limitate della maggior parte delle società, in particolare di quelle
nate in seguito al meccanismo dei certificati bianchi, che si traducono in una
capitalizzazione limitata e in limiti strutturali (limitato sviluppo di alcune
professionalità importanti);
la scarsa
offerta di strumenti finanziari dedicati al finanziamento tramite terzi di
progetti di miglioramento dell’efficienza energetica da parte delle banche.
Davvero
pochi sono gli istituti che offrono linee di prestito appositamente studiate o
comunque utilizzabili in maniera trasversale dalle ESCo. Abbondano prodotti destinati
al fotovoltaico ed alle rinnovabili, grazie alla garanzia di poter bloccare i
proventi collegati ai rispettivi incentivi. Ma siamo ancora lontani da
un’offerta strutturata in grado di finanziare progetti energetici sugli usi finali
considerando i business plan come garanzia.
Nei casi
in cui singole banche si sono avvicinate al settore dell’efficienza energetica,
lo hanno fatto in modo tradizionale, tanto è che tali prodotti vengono
considerati comunque insufficienti dagli operatori di mercato. Infatti, a ben
vedere, le condizioni proposte sono sempre quelle consuete, proprie dei
prestiti ordinari, e non tengono conto delle esigenze reali delle società di
servizi energetici, contravvenendo quindi alle stesse disposizioni dell’Unione
Europea, che invitano le Banche ad avvicinarsi al mondo dell’efficienza
energetica e dei servizi energetici per mezzo di prodotti ad hoc. Si trovano
quindi proposte di finanziamento con richieste di garanzie reali (ipoteche,
etc) o personali (fideiussioni, garanzie a prima richiesta, etc…) che
difficilmente possono essere soddisfatte dalle ESCo: le prime perché non risulta
iscrivibile ipoteca sugli impianti da esse installati e gestiti, sia per natura
stessa del bene, che per titolarità (di proprietà di un soggetto terzo), le
seconde in quanto fornibili solo nel caso di una solida struttura finanziaria
della società, aspetto che non è verificato nella maggior parte delle ESCo
italiane, dal momento che, da tale mercato, non hanno ancora avuto sufficienti
opportunità di sviluppo e crescita.
Alla base
di ciò vi è sicuramente la mancanza di conoscenza delle ESCo da parte delle
istituzioni finanziarie, e quindi risulta opportuno instaurare un dialogo tra
le parti. Considerando che le garanzie non vanno ad aumentare la capacità di
credito di una ESCo, ma a ridurre il rischio finanziario corso dalla banca in
caso di mancato buon esito del piano da finanziare, sarebbe logico istituire
linee di credito basate sulla valenza tecnico-economica e sull'attivo del
progetto, incentrando le richieste sulle garanzie contrattuali, prima fra tutte
la canalizzazione dei ricavi derivanti dal risparmio energetico conseguito, e
sottoscrivendo apposite assicurazioni a favore della banca per il suo
indennizzo a seguito di eventuale insolvenza della ESCo. L'assegnazione di fidi
in bianco, almeno in via teorica, è quindi possibile a fronte di progetti di
investimento proposti da società serie, la cui indiscutibile capacità morale e
le attitudini professionali vanno a conciliarsi con business plan chiari e
giudicati appetibili e consistenti dagli istituti finanziatori, in cui i vari
rischi sono ripartiti tra i soggetti che maggiormente possono soddisfarne la
copertura.
Come
predisposto dalla Direttiva 2006/32/CE, che prospetta per le ESCo l’assunzione
di almeno una parte del rischio finanziario legato all’intervento di risparmio
energetico, il finanziamento da flussi di cassa, con basse richieste di
garanzie reali, se non addirittura nulle, permetterebbe allora di soddisfare le
stesse disposizioni dell’UE, poiché la compartecipazione al rischio finanziario
assicurerebbe le banche dall'eventuale fallimento del progetto. Chiaramente per
arrivare a ciò le ESCo dovranno fare la loro parte. Un problema evidenziato in varie
occasioni è la limitata capacità di molti soggetti di redarre business plan che
contengano un’analisi dei rischi in linea con le aspettative di chi presta i
capitali.
Sicuramente
le dimensioni limitati ed il carattere spesso artigianale di tali operatori
giocano negativamente. Dunque diventa importante investire in figure
professionali adeguate in ambito economico-finanziario (del resto una ESCo è
per sua natura una società abile nella gestione dei rischi finanziari),
oltreché energetico-ambientale, e in programmi di formazione e aggiornamento.
Oltre ad
ottenere più facilmente l’accesso al credito, le giovani ESCo nate negli ultimi
anni potranno così beneficiare dei benefici diretti nello svolgimento delle
loro attività. Non va del resto dimenticato che è in fase avanzata di redazione
una norma per la certificazione delle ESCo (la norma UNI 11352, che ne nel
frattempo ha visto la luce), che porterà comunque verso il raggiungimento di determinati
standard di qualità per questi operatori.
Tenendo
conto di quanto detto, è importante che gli istituti di credito si preparino a
rispondere in maniera esaustiva alla domanda di finanziamento che proviene
dalle ESCo, anche costituendo al loro interno un’apposita sezione di personale
qualificato nel campo dell’efficienza energetica. Ciò al fine di essere in
grado di valutare in modo adeguato i progetti di risparmio energetico, distinguendo
tra i soggetti qualificati e i puri avventori, e schermandosi dai possibili
interventi fallimentari.
Al momento
ci troviamo di fronte ad un’opportunità sprecata: il mercato dei servizi
energetici e dell’efficienza energetica esiste ed è un mercato ad ampio margine
di sviluppo. Le possibilità di business sono buone per entrambi i soggetti, con
indicatori finanziari superiori a quelli delle fonti rinnovabili, ed è
interesse di tutti che possa decollare, considerati anche i benefici che la
crescita della cultura del risparmio energetico e dell’uso razionale
dell’energia apporterebbe all’Italia e al Mondo intero in termini di
conservazione delle risorse e prevenzione dall’inquinamento.
Preso atto delle difficoltà
che si incontrano in questa fase storica dell'evoluzione del mercato delle
ESCo, sarebbe opportuno quindi intervenire inizialmente con altri strumenti
finanziari, per passare poi, in una fase successiva, al mercato monetario
regolamentato. In tale ottica, oltre all’eventuale appoggio fornito da Stato e Regioni
attraverso fondi di garanzia e di rotazione o finanziamenti agevolati, la forma
di capitale che potrebbe dare un importante impulso al settore è quello del capitale
di rischio privato. Il venture capital (o i business angels) farebbero crescere
le ESCo sia dal punto di vista prettamente monetario (aumento
patrimonializzazione, riduzione leva finanziaria), sia dal punto di vista della
cultura finanziaria (con la possibilità di presentare business plan esaustivi
anche dal punto di vista economico-finanziario, come richiesto dalle banche).
Il connubio con i venture capitalist è sicuramente il mezzo più veloce e adatto
al fine di completare la maturazione finanziaria delle ESCo italiane, fino
all'avvenuta collocazione in mercati monetari regolamentati. Affinché questo possa
accadere è importante che avvenga quel processo di qualificazione degli
operatori che è stato descritto in precedenza. Successivamente il capitale di debito
deve entrare prepotentemente in gioco, offrendo servizi e prodotti ad uso delle
ESCo, innovativi e consistenti come richiesto dalla UE. A questo punto le
banche non potranno certamente tirarsi indietro di fronte alle richieste del
mercato, ed anzi, presumibilmente, faranno a gara per partecipare al gioco."
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