Scrivo questo post prendendo spunto da una discussione che ho seguito e alla quale ho in parte partecipato avvenuta su Twitter. Ebbene sì, ultimamente sto scoprendo Twitter e devo dire che sono positivamente sorpreso, ne ho tratto molti spunti interessanti e ci sono persone davvero competenti e preparate con cui è possibile confrontarsi apertamente nello stile diretto, immediato e dinamico proprio dei 140 caratteri dei tweet.
Chiusa questa parentesi parto come detto da una discussione tra un noto imprenditore lombardo e un attivista/giornalista
(di cui non farò i nomi anche perchè non è il caso specifico che mi interessa) sull'opportunità di realizzare un impianto idroelettrico e relative opere connesse.
(di cui non farò i nomi anche perchè non è il caso specifico che mi interessa) sull'opportunità di realizzare un impianto idroelettrico e relative opere connesse.
Ho scritto più volte come la penso sull'atteggiamento italiano nei confronti delle grandi opere e non solo grandi (quella in questione non penso possa essere definita tale), della sindrome Not In My Back Yard, della difficoltà di pianificare e rispettare i tempi per gli investimenti creando difficoltà ad attirare capitali privati che invece potrebbero essere così utili in un periodo in cui i soldi pubblici è bene risparmiarli. Cerco di approfondire l'argomento e comunque repetita iuvant.
Penso appunto che esistano delle opere che, al di là della dicitura normativa/legislativa, siano da ritenersi di pubblica utilità, al di là che siano realizzate da e per mezzo di privati, pubblici o con partnership pubblico-privato, e solo per dirne una quelle legate alla realizzazione di impianti per la produzione di energia, ancorpiù se rinnovabili, sono sicuramente da ritenersi tali per la ricaduta positiva che potrebbero/dovrebbero avere sulla collettività indipendentemente da chi ne sia l'esecutore o il gestore.
Questo non vuol dire che queste opere non debbano rispettare le regole, e non mi sembra che sia così. anzi spesso le uniche regole non rispettate sono quelle sui tempi per i procedimenti autorizzativi da parte degli enti preposti.
Proprio i procedimenti autoirzzativi dovrebbero essere il momento in cui il progetto viene condiviso, come previsto dalla normativa in materia di Conferenze dei Servizi e procedimenti amministrativi, coinvolgendo tutti gli attori in qualsiasi modo interessati dall'opera. Questa fase, pur con tutti i limiti "tecnici" che l'Italia dimostra in materia di partecipazione ai procedimenti, non si può dire che sia carente o insufficiente.
Qui i vari enti e associazioni operanti sul territorio e interessate dal progetto possono portare osservazioni sull'opera, proposte di modifica, giustificare i motivi per cui la stessa è ritenuta incompatibile, inutile o addirittura dannosa per il territorio. Discutere per fino del piano economico, se ritenuto inadeguato, valutare l'entità e la qualità delle compensazioni previste, i costi, i ricavi previsti, gli oneri per le concessioni e quant'altro portando osservazioni puntuali sulle quali discutere e confrontarsi.
Io amerei che questi confronti siano fatti più spesso su dati che su aspetti poetico-filosofici: il numero di occupati che porterà e come legare la ricaduta occupazionale all'economica locale così da verificare che ciò sia effettivamente attuato, un limite oggettivo al proliferare di impianti in certe zone particolarmente predisposte, valutazioni quantitative dell'impatto ambientale. Certo si può discutere anche della qualità dell'opera ma quando si entra nello scivoloso terreno di giudicare se una diga è bella o brutta bisogna fare molta attenzione.
Tutto questo viene gestito dai tecnici preposti ad istruire il procedimento autorizzativo, accogliendo le osservazioni e valutandole con riferimento alle norme attinenti.
Purtroppo (sì, io dico purtroppo) poi entra in gioco la politica che sopra le strutture tecnico-amministrative preposte modera i vari interessi, in teoria per favorire la convergenza degli interessi, troppo spesso in pratica per spartire la torta dei benefici economici attesi lasciando in secondo piano le questioni tecniche e ambientali, anche per incompetenza. Prendo spunto dall'osservazione dell'attivista per dire che dire il Sindaco non rappresenta i suoi cittadini però non vale a mio avviso, nel senso che o ci sia accorda su alcune "regole" di base del gioco o è il caos; il Sindaco rappresenta l'interesse del suo Comune e dei suoi cittadini, poi ogni cittadino, singolarmente o associandosi è libero di esprimere la propria opinione e punto di vista, ma se anche la maggioranza dei cittadini che ha eletto il Sindaco non condividesse la sua opinione, può manifestare questa situazione, ma non può impedire al Sindaco di rappresentare politicamente l'Ente all'interno del procedimento, alle prossime elezioni ne sceglieranno un altro.
Tutto questo procedimento si concretizza in atti amministrativi che possono negare l'autorizzazione a realizzare l'opera o concederla, eventualmente con prescrizioni specifiche, obbligo di realizzare opere di compensazione, obbligo di corrispondere canoni per la concessione e quant'altro.
In caso di autorizzazione (con tutte le prescrizioni del caso) il gioco per me è chiuso. Certo ognuno è libero di fare tutti i ricorsi possibili ed immaginabili se ritiene che non sia stata rispettata qualche procedura o valuti che ci siano elementi per farlo, a me non piace far intervenire i giudici in una valutazione che dovrebbe essere tecnica e politica, ma è una sacrosanta possibilità per chiunque. A quel punto il problema sono i tempi della giustizia italiana ma questa è un'altra storia...
Da qui i solerti attivisti, in questo sicuramente benvenuti sopperendo troppo spesso a carenze da parte degli organi preposti a questo, possono vigilare più che attentamente sul rispetto di quanto previsto dal progetto (Pre, In corso e Post Operam), sui tempi, sui modi di operare e sugli ulteriori obblighi messi nero su bianco dagli enti competenti.
Ma, e concludo, non mi piace e non accetto, l'idea che in quanto autoelettisi rappresentanti dei diritti del territorio dei cittadini o dei più deboli, si permettano di bloccare, intralciare e ostacolare i lavori autorizzati; qui sì i politici avrebbero il dovere di intervenire per garantire il rispetto dei provvedimenti attuativi.
Perchè un paese che per fingere di tutelare i cittadini, non tutela i diritti di chi investe nello sviluppo dell'Italia e non tutela i suoi propri interessi in quanto questa situazione crea una perdita di credibilità a livello internazionale, difficoltà a reperire fondi privati per investimenti pubblici e una situazione di paralisi che in nome di un malinteso ambientalismo toglie opportunità a quegli stessi cittadini che avrebbe dovuto tutelare.
Ingengere, complimenti per l'articolo!
RispondiEliminaNe approfitto per far notare che proprio seguendo lo spirito del post, Terna ha realizzato e sta realizzando notevoli investimenti sulla rete elettrica nazionale in Alta e Altissima Tensione. Sul sito sono riportati tutti gli interventi in corso d'opera. Questi avranno una ricaduta positivasia in termini economici che di sicurezza.
Cordiali saluti
Luciano Lacavalla