mercoledì 8 febbraio 2012

Un fondo rotativo a costo zero per interventi di Efficienza Energetica

Propongo di seguito una breve riflessione su uno strumento che potrebbe rivelarsi davvero incisivo e, come si dice in questi casi, avere un effetto anticiclico in un settore come quello dell'Efficienza Energetica (sia in ambito civile che industriale) che come più volte sostenuto potrebbe aprire una nicchia di mercato internazionale interessante alle imprese italiane: questo strumento è rappresentato da un fondo rotativo per il finanziamento di interventi di risparmio energetico.
Un potenziale (per ora solo tale) esempio di applicazione di tale strumento è stato introdotto dal D.M. Ambiente 25 Novembre 2008 con il nome di Fondo Rotativo per Kyoto, ma che non risulta attivo.
Perchè ritengo che un Fondo Rotativo potrebbe attivare un circolo virtuoso di interventi di Efficienza Energetica? Innanzitutto questo strumento non dovrebbe essere finalizzato ad attuare generici interventi di risparmio energetico (come ad esempio per le detrazioni fiscali), bensì garantire il completo finanziamento del 100% dell'importo di specifici progetti, selezionati attraverso procedure periodiche, che garantiscano gli indici di rendimento migliori e tempi di ritorno brevi (indicativamente inferiori ai 5-6 anni); tali progetti restituirebbero il finanziamento, comprensivo degli interessi, attraverso i risparmi energetici e quindi economici conseguiti attraverso l'attuazione degli interventi.
Certamente dovrebbe essere prevista una procedura valutativa seria e puntuale dei progetti per selezionare quelli tecnicamente ed economicamente più validi, e dovrebbero essere previste delle garanzie da parte dei soggetti proponenti a copertura del mancato raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico previsti in progetto. Una volta attuato e dopo la fase di avvio il fondo si rifinanzierebbe autonomamente attraverso la restituzione degli importi finanziati; l'obiezione che nasce spontanea è che lo stesso non sarebbe a costo zero, in quanto i fondi per costituire tale fondo dovrebbero essere reperiti a spese dei contribuenti: questo è vero solo in parte, in quanto, se il fondo avesse una durata, seppur lunga, definita, al termine della stessa gli importi impegnati sarebbero di nuovo disponibili: a questo punto si tratterebbe di reperire tali fondi attraverso l'accesso a canali che potrebbero garantire l'avvio del meccanismo, con il vantaggio che tali risorse non sarebbero "a fondo perduto" ma ritornerebbero disponibili alla fine del periodo di attuazione del fondo. Personalmente preferirei pensare al reperimento attraverso la dismissione di beni immobili o partecipazioni statali che attraverso un'ulteriore tassa sull'energia o altro che sarebbe alquanto improbabile restituire al termine del periodo di attivazione del fondo (se non altro non ai contribuenti che l'hanno effettivamente sostenuta). Se è vero che il periodo non è dei migliori per prevedere nuove uscite, anche se derivanti da entrate da cessioni, è vero anche che tale meccanismo potrebbe effettivamente mettere in azione un settore economico, destando interesse per interventi che effettivamente garantiscono tempi di ritorno interessanti (e sia nel comparto civile che in quello residenziale le potenzialità non mancano) creando magari anche una competizione o collaborazione tra i progetti finanziati dal fondo rotativo e progetti finanziati da soggetti privati che garantiscano rendimenti finanziari interessanti.
Le ultime considerazioni riguardano ancora una volta le potenzialità che secondo me il nostro paese può ancora sfruttare per imporsi sul panorama internazionale come una delle nazioni leader nei servizi specializzati per l'efficienza energetica, ma bisognerebbe superare lo stile italiano per cui se questo strumento non è stato fatto dai tedeschi prima di noi probabilmente è perchè non funzionerebbe... e favorire lo sviluppo di realtà, che crescendo oltre i 15 dipendenti, sappiano effettivamente esportare le competenze e le esperienze maturate in Italia.
Certamente questo strumento lo considero più tecnico che politico, nel senso che dovrebbe essere costruito più con attenzione alla funzionalità, all'effettiva garanzia che una volta messo in moto si autofinanzi ed alla reale prospettiva che possa avere anche una data di scadenza alla quale i finanziamenti rientranti ritornerebbero nella disponibilità dello stato, più che ragionamenti di accondiscendenza con alcune particolari categorie economiche od industriali la cui selezione sarebbe invece operata solamente dalla bontà dei progetti presentati; per questo anche, o soprattutto, un governo tecnico dovrebbe potersi e sapersi assumere la responsabilità di istituire uno strumento non certo rivoluzionario, ma che potrebbe rappresentare un buon esempio di un nuovo corso economico italiano che magari per una volta funga da modello europeo.

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