Una divagazione dai temi strettamente legati all’efficienza energetica per proporre alcuni passaggi del dialogo che ho ritenuto molto stimolante su una visione dell'economia e delle sue leggi tra Oscar Giannino e l’economista e scrittore Geminello Alvi, autore del libro “Il capitalismo – verso l’ideale cinese” dalla trasmissione “Nove in punto” di Radio 24.
Il Professor Alvi sottolinea che “il punto vero è che la situazione è resa drammatica oggi dal fatto che tutti parlano e non sanno di quello che parlano: parlano di crescita e parlano di PIL; il livello d’astrazione dell’economia è dato dal fatto che l’economia è un modello mentale, tutti parlano di crescita e hanno un’idea per la crescita. Ma nei fatti, noi crediamo che questa parola magica crescita basti a ridare un posto ai nostri figli, una posizione nella società a chi l’ha persa perché non ha lavoro, una dignità alle nostre vite: non è vero.
La dignità umana e l’economia non trovano scorciatoie nella stampa di denaro da parte dello stato; perché questo alla fine di questi ragionamenti tutti chiedono: tutti vogliono che i politici ci pensino loro; i politici, poverini, non possono essere adatti anche solo a sfiorare minimamente il problema. Essi vengono caricati di responsabilità che non meritano, e non possono nemmeno recitare perché il sistema è un sistema al quale si chiede troppo e tutti chiedono le funzioni più varie, tutti vogliono fare tutto: noi abbiamo un difetto di muratori di falegnami eccetera, ma abbiamo un’abbondanza di frequentanti scuole d’arte, di pretesi cantanti; abbiamo cioè quella che io chiamo una condizione di “stati alterati” in cui il capitalismo ha attuato un principio comunistico, cioè da “ognuno secondo le possibilità” a “ognuno secondo i bisogni”, di qui si vuole il reddito garantito addirittura perché poi la magia del denaro, come se il capitale fosse un po’ di grano che si porta da una parte all’altra: tu ce n’hai troppo, tu ce n’hai troppo poco: questo è primitivo, il capitale non è questo.
La dignità umana e l’economia non trovano scorciatoie nella stampa di denaro da parte dello stato; perché questo alla fine di questi ragionamenti tutti chiedono: tutti vogliono che i politici ci pensino loro; i politici, poverini, non possono essere adatti anche solo a sfiorare minimamente il problema. Essi vengono caricati di responsabilità che non meritano, e non possono nemmeno recitare perché il sistema è un sistema al quale si chiede troppo e tutti chiedono le funzioni più varie, tutti vogliono fare tutto: noi abbiamo un difetto di muratori di falegnami eccetera, ma abbiamo un’abbondanza di frequentanti scuole d’arte, di pretesi cantanti; abbiamo cioè quella che io chiamo una condizione di “stati alterati” in cui il capitalismo ha attuato un principio comunistico, cioè da “ognuno secondo le possibilità” a “ognuno secondo i bisogni”, di qui si vuole il reddito garantito addirittura perché poi la magia del denaro, come se il capitale fosse un po’ di grano che si porta da una parte all’altra: tu ce n’hai troppo, tu ce n’hai troppo poco: questo è primitivo, il capitale non è questo.
Il capitale è un nesso vivente di intelligenza, operosità, energia che trova poi riscontro nei bilanci e nella corrispondenza tra il risultato ottenuto mettendolo in atto e la fiducia che all’inizio è stata accordata all’esistenza di questa magia che è il capitale. Non si capisce che il capitale è una cosa vivente. Da qui nasce il fatto che tutti vogliono tutto. E più c’è crescita più tutti potrebbero volere tutto e essere giustificati in questa loro pretesa: questa è la follia.”
Per evitare di arrivare ad uno stato con il cento per cento di tassazione per prenderci tutto e poi ridistribuirlo in modo che tutti hanno tutto “è necessario che tutti imparino ad assumersi precise responsabilità; l’idea che la solidarietà sia un dono dello stato, un dono della religione è completamente falsa. La solidarietà è un atto cosciente e voluto ed è un atto epico, di simpatia nei confronti dell’altro. L’idea che in qualche modo debba pensarci lo stato è una scorciatoia con la quale ci si priva della propria forza morale; il grande pensiero libertario non è mai caduto in questa coscienza di gregge, in cui invece è sempre caduto il socialismo ed il comunismo che hanno creato appunto un gregge che reclama fratellanza. E a chi la reclama? Allo stato. Ma lo stato non la crea.
I due settori propri dello stato quali la magistratura e la difesa, interna ed esterna, di cui esso dovrebbe occuparsi, sono quelli su cui hanno senso le tasse; non così il settore ad esempio della cultura e dell’istruzione che viene invece omologata nei suoi vari piani dall’educazione statale: abbiamo un istupidimento solidaristico che procede dalla prima elementare in poi che ha fatto sì che l’Università sia diventata preda ideologica di un insieme di movimenti studenteschi che si sono impadroniti dell’istituzione e sono a stipendio statale, proclamando e difendendo quotidianamente la difesa di questa idea dello stato, perché solo lo stato secondo loro rappresenterebbe interessi pubblici.
L’alternativa è quella invece, soprattutto in una fase così dolorosa della vita spirituale della nazione, della costruzione di istituzioni, di fondazioni, accademie, istituzioni solidali nelle quali circoli l’amore della libertà che conduce all’amore della verità, che non può essere messa a voti di maggioranza: Gesù è stato messo al voto della maggioranza e la maggioranza l’ha crocifisso. C’è una definizione di comunismo che dice “i comunisti sono quelli che vogliono mettere la verità a maggioranza”. La verità non può essere messa a maggioranza, deve trovare ambiti propri di libertà; e non di giustizia che riguarderebbe il fatto di far funzionare meglio la magistratura e la polizia; negli altri campi della vita, ad esempio nei campi spirituali lo stato dovrebbe incaricarsi di favorire fondazioni, istituzioni solidali che favoriscano i migliori e non i più ricchi.
Per quanto riguarda l’economia di tratterebbe di tornare alla natura vera del capitale, che è un impegno di responsabilità, di individualismo; il capitale è una meraviglia di questa epoca nella sua formazione, nella sua costituzione. E deve tornare alla sua natura epica, solidale, di simpatia, di costruzione tecnica; se ritorna se stesso il capitale va apposto. Il problema è che stampando moneta si tende sempre ad esagerare.”
Chiudiamo con la chiosa di Giannino che ci ricorda come “il decumulo del capitale sarà ciò che ci attende, in ogni caso. Ma esiste una maniera di mercato che non si identifica nell’utilitarismo bieco; la ragione della libertà, quella dell’economia interpersonale, non sta nell’utilitarismo, sta in una visione parallela, diversa. Che significa che vita, famiglia, sanità e tutto ciò che è costruzione di fiducia, non si deve fare con l’eccesso di fiducia e l’eccesso di moneta pubblica. Se questo vi sembrerà troppo lontano dai guai di cui leggete oggi io vi invito invece a cambiare idea, perché i fondamenti di cui abbiamo parlato spiegano le grandi illusioni che ci hanno portato ad un modello di intermediazione finanziaria, dell’eccesso di consumo privato finanziato a debito e dell’eccesso di consumo di fiducia fondata su eccesso di inflazione di fiducia pubblica, moneta e debito pubblico.”
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