domenica 7 novembre 2010

Evviva il progresso e la green economy! ma Not In My Back Yard!

E' ormai un fenomeno sociale che caratterizza il nostro bel paese e che prende in nome da un acronimo inglese (Not In My Back Yard: non nel mio cortile) il cosiddetto Nimby. E' l'avversione, solitamente caratterizzata da comitati di cittadini supportati da vari esponenti delle frange più oltranziste di sedicenti ecologisti estremisti pronti ad opporsi a interventi anche fuori dal proprio cortile..., a qualunque opera pubblica, impianto (anche di produzione di energia da fonti rinnovabili), infrastruttura di ogni genere (per non parlare di cave e discariche); non in assoluto, ma appunto non nel proprio cortile, inteso a seconda dei casi come quartiere, comune, provincia o addirittura regione.
Nei primi mesi del 2010 sono state complessivamente 273 le proteste caratterizzate da azioni dimostrative di vario genere, delle quali 173 hanno riguardato interventi in materia di energia, 96 quello dei rifiuti e 16 le infrastrutture in genere.

In un paese che già è caratterizzato da lungaggini burocratiche e incertezze procedurali per ogni tipo di intervento di entità rilevante che coinvolga soggetti pubblici, i sostenitori del Nimby hanno gioco facile ha ingolfare definitivamente la macchina autorizzativa, specialmente nei casi in cui i decisori politici locali, spesso impreparati e con poco supporto tecnico dai propri uffici tecnici, siano molto più propensi a bloccare opere che sollevano malumori, anche se di una minoranza rumorosa, piuttosto che perseguire obiettivi politici a medio termine, magari presentati in campagna elettorale.
Per questo fenomeno una fattoria diventa più importante di un collegamento autostradale o ferroviario, un prato incolto più ecologico di un impianto ad energia rinnovabile e ogni improbabile ma possibile ricaduta ambientale su flora e fauna di ogni tipo o sulle sempre convincenti falde acquifere diventa molto più decisiva di una pianificazione strategica e politica riguardante la gestione dei rifiuti e l'approvvigionamento di materiale inerte in genere. Purtroppo a chi spetterebbe far rispettare tutte le procedure di verifica di compatibilità ambientale delle varie opere e favorire un percorso il più possibile condiviso ma rigoroso nei tempi e nei contorni tecnico-ambientali sia da parte del soggetto proponente e/o attuatore che da parte della collettività e dagli organi preposti a tutelarne gli interessi, preferisce adottare la politica della non scelta che apparentemente si rivela la più popolare in un'anomalia tutta nostrana dove la minoranza rumorosa del partito del no è sempre più influente delle maggioranza silenziosa che chiede ai propri rappresentanti eletti di perseguire il progresso ambientale, economico e quindi sociale per lasciare alle generazioni a venire un ambiente migliore di quello che abbiamo trovato, anche a volte seguendo strade che possono rivelarsi sbagliate, ma non perseverando in un immobilismo senza futuro.
Chiudiamo allora con una frase tratta da "Zzzoot: fulminati in azienda" edito dal Sole 24 Ore:
"Love, basta con questo wonderful world! Qui a Zzzoot i manager si credono the best. Glielo vai a dire tu che siamo out e che il resto del mondo è diventato ormai etico e sostenibile?" 

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